Giusva Fioravanti ha tutto il diritto di continuare a proclamare la sua innocenza. Ha tutto il diritto di dire, come chiunque altro, ciò che vuole. Ma io il diritto di ricordarmi che era Giusva Fioravanti. Ricordarmi di lui e di quelli che erano con lui: Alessandro Alibrandi, Massimo Carminati, Gilberto Cavallini che il 27 aprile 1976 insieme ad altri camerati in via Uberti, a Milano, squarciò a coltellate l’addome di Gaetano Amoroso, “vestito da compagno”. Ricordarmi di quando Fioravanti e i suoi venivano a Milano, per cercare compagni da ammazzare anche in trasferta.
Ci sono storie che continuano a mettere i brividi. Il 28 febbraio 1978 Fioravanti e i suoi a Roma sono a “caccia di rossi”. In piazza San Giovanni Bosco ci sono alcuni ragazzi su una panchina che si stanno facendo una canna: Fioravanti e i suoi scendono dall’auto, sparano. Scialabba è colpito al torace ma non è morto. Fioravanti gli sale a cavalcioni, lo guarda e lo finisce con due colpi in testa. Si stava solamente facendo una canna, Roberto Scialabba.
Ce ne sono tante di cose da ricordare, non solo il 2 agosto 1980.